Venerdì 24 marzo 2006, presso l’auditorium della Comunità Montana delle Valli del Taro e del Ceno situato presso l’ospedale vecchio di Borgotaro, si è svolta una assai interessante presentazione del libro di Beppe Conti, “Storia e leggenda del grande ciclismo “. All’evento di questo tardo pomeriggio hanno partecipato molte autorità del comprensorio borgotarese; l’assessore allo sport Luigi Malucelli, Alessandro Cardinali (assessore della comunità montana per i servizi sociali), il sindaco di Borgotaro, Salvatore Oppo, il sindaco di Compiano Marco Bruschi e il parroco di Borgotaro, Don Angelo. A presidiare l’evento, l’avvocato Marco Moglia presidente del “Lions Club” di Borgotaro, associazione organizzatrice della presentazione del libro di Beppe Conti. Con metodo tradizionale, l’avvocato Moglia ha presentato il protagonista della serata leggendo brevemente il curriculum vitae di Beppe Conti che a quanto pare è risultato molto più scarno rispetto a quello obiettivo, a testimonianza del fatto che ci trovavamo di fronte una persona semplice, ancora legata alle sue origini. Subito, abbiamo capito che ci trovavamo di fronte il più importante giornalista del mondo del ciclismo e questo ci ha reso orgogliosi in quanto, per chi non lo sapesse, Beppe Conti è originario di Cereseto, un paesino vicino a Compiano! Prima del via alla presentazione, ha colpito l’intervento dell’assessore Malucelli che ha ricordato un’altra figura importante di Borgotaro: Lauro Grossi. Il compianto sindaco di Parma nonché borgotarese doc, è stata una figura importante anche per il ciclismo valligiano, promotore della cultura di questo sport fra la nostra gente. La sua passione si infervorò quando seppe che un giovane bedoniese voleva partecipare ad una importante manifestazione ciclistica ma in quei periodi funestati dal secondo conflitto mondiale, le risorse si erano azzerate. Conoscendo la situazione, Lauro bussò alla porta di tutti i commercianti di Borgotaro affinché donassero poche monete a favore di Renato Ponzini che doveva correre quella gara. La generosità dei borgotaresi fu ripagata da una grande vittoria del nostro Ponzini. Per nostra scelta, abbiamo deciso di non prolungarci raccontando la storia di Beppe Conti in quanto è nota a tutti! Scegliamo di riproporre alcuni suoi racconti che francamente ci hanno fatto venire la pelle d’oca.
Il suo libro, composto da 516 pagine e da 500 foto, è una sorta di Bibbia del ciclismo in quanto l’orizzonte temporale scelto da Beppe, va dal 1700 fino ai giorni nostri. Inoltre, l’autore ha scelto di trattare il XX° secolo dieci anni alla volta, approfondendo le tematiche che hanno caratterizzato il secolo scorso. Come prima storia, Beppe ha voluto evidenziare come i ciclisti siano astuti e allo stesso tempo determinati nel perseguire il loro obiettivo: la vittoria. Nei primi del ‘900, un certo Giovanni Gerbi, vinse un Giro di Lombardia azionando il meccanismo del passaggio a livello di un tratto ferroviario, prima del passaggio del gruppo! Forse pochi sanno che l’idea del doping non nacque pochi decenni fa; già nel 1700, si credeva che bevendo il sangue della vacca si acquisisse la sua forza. Il grande ciclismo dei primi decenni del ‘900, in questa serata venne rappresentato proprio da Renato Ponzini che ci spiegò quanto erano dure le tappe alpine al Giro D’Italia. In particolare, Ponzini raccontò le vicissitudini della tappa del Bondone. In quella edizione, Renato era il gregario dell’uomo che aveva le migliori aspettative di vittoria in quanto indossava la maglia rosa: parliamo di Fornari. Sulla ascesa a Costalunga, Ponzini rimane attardato in quanto la giornata era gelida e la neve che cadeva sulla corsa rendeva il tutto molto più difficile. Con perizia da discesista, Renato riesce a rientrare durante la discesa. Proseguendo lungo i colli restanti, sull’ennesima discesa della giornata, Ponzini urta l’ammiraglia di Learco Guerra e da quel momento inizia il suo calvario tanto che ad un certo punto si trovò senza esserne consapevole, all’interno del furgoncino della Nestlè. La tappa fu così dura che i corridori salivano e scendevano in continuazione dai camion e dalle ammiraglia in cerca di un minimo di tepore. Cosa molto particolare è stata quando Renato ha raccontato che la tappa veniva terminata da coloro che avevano l’albergo sul monte Bondone, quindi all’arrivo; chi doveva proseguire oltre, decideva di ritirarsi! Per concludere il racconto del ciclismo “epico” voglio riassumere una storia gustosa. Durante la leggendaria rivalità fra Coppi e Bartali, l’ingegno non aveva limiti. Tramite informazioni traverse, Gino Bartali capì quale era il segnale di affaticamento del suo rivale. Dal momento in cui la vena dietro al ginocchio sinistro dell’airone si gonfiava, allora si sentivano gli urli dei tecnici della Legnano che intimavano: “Gino! La vena!”. In quell’istante, Bartali capiva che era il momento di attaccare. Anche per ciò che riguarda l’innovazione, dobbiamo guardare più addietro rispetto al comune giudizio. Fausto Coppi fu il primo ciclista con medico a seguito; l’innovazione riguardò anche l’alimentazione. Coppi mangiava i fiocchi d’avena al posto della classica minestrine meno ricca di carboidrati!
Continuando il racconto delle rivalità, Beppe Conti non ha saputo resistere nel raccontare la più agguerrita rivalità del ciclismo italiano: quella fra Moser e Saronni. L’apoteosi di questa rivalità si ebbe proprio a Compiano, nel 1981 durante i campionati italiani dominati da Moser. Lunga la salita che porta da Isola di Compiano fino a Strela (che veniva percorso 15 o 16 volte) Moser si girò e disse a Saronni: “attento a non toccare la mia ruota!”. Saronni gli risposte: “prima di correre, impara ad andare in bicicletta!”. La rabbia fu tanta che quel campionato italiano fu battagliato duramente con l’esito che tutti ricordano. Da notare che ancora oggi, i due campioni si punzecchiano mantenendo in vita l’antica rivalità. Questo non fu vero fra Gimondi e Mercks. La rivalità con il “cannibale” fece storia ma oggi, a quanto pare, la moglie di Gimondi è disperata quando al via delle corse i due si cercando come dei “fidanzatini”!
La storia del ciclismo moderno non poteva essere non raccontata ricordando Marco Pantani e analizzando le condotte di Lance Armstrong. Beppe Conti ha riconosciuto che il “pirata” fu il più grande scalatore dell’era moderna, il solo in grado di contrastare l’americano sulle sue strade di Francia. Molto doloroso fu il racconto di Beppe circa l’inizio del declino di Pantani. Beppe Conti ritiene che il fatto più grave nella storia di Pantani non avvenne a Madonna di Campiglio, bensì a Montecatini. Negli anni successivi a quella maledetta tappa, il pirata venne condannato a nove mesi di stop in quanto la magistratura gli attribuì la proprietà di una siringa vuota che conteneva insulina. Il dubbi sono atroci. La siringa venne ritrovata nella stanza di Pantani, successivamente all’abbandono dell’albergo; risulta chiaro che quella siringa poteva essere stata depositata da una seconda persone a danno del pirata. Quindi, il declino di Pantani non deve essere attribuito alla non positività di Madonna di Campiglio perché così fu! Marco Pantani non fu trovato positivo a sostanze dopanti! Venne incriminato per i fatti di Montecatini! A voi ulteriori giudizi. L’accanimento, Beppe non lo riscontrò solo nei confronti del pirata, bensì anche a danno dell’americano! Beppe ricorda che durante il 7° Tour de France di Armstrong, questo venne sottoposto a innumerevoli controlli antidoping, addirittura la gendarmeria francese lo fermava prima di molte cerimonie di consegna della maglia gialla! Il doping è indubbiamente la piaga dello sport prima che del ciclismo. Curioso fu un breve aneddoto sul finale di carriera di Fausto Coppi che prima di una corsa chiese a De Filippis se gli poteva iniettare una dose di simpamina in quanto non voleva fare brutta figura nei confronti del pubblico. De Filippis perplesso lo guardò ed esclamò: “ma tu sei Coppi! Se ti faccio la puntura, che figura faccio io?”. Coppi rilanciò proponendo di dividerla a metà. Alla fine i tre quarti andarono a De Filippis ed il resto a Coppi!
Sono stati molti gli argomenti trattati da Beppe, dall’evoluzione tecnica fino a speciali aneddoti che hanno contribuito alla sua formazione frequentando il mondo delle corse, la migliore ginnastica per un professionista del suo calibro. Concludiamo dicendo che siamo orgogliosi di essere conterranei di un grande giornalista sportivo che ha idealmente ricevuto lo scettro da un altro grande maestro del giornalismo sportivo italiano: Bruno Raschi. Un consiglio che viene naturale, è di leggere assolutamente questo libro, fonte di un ciclismo mai letto, mai visto!

Daniele,
24 marzo 2006